LA PAROLA DEL VESCOVO: OCCHIO AI SEGNI E RESTATE A CASA

Sono tre settimane da che la nostra vita è stata sospesa. Sono giorni, in cui si alternano speranza e delusione, sempre purtroppo in un sottofondo di angoscia, preoccupazione, smarrimento e tristezza.

Le notizie ci raccontano di un’epidemia che sembra non fermarsi, che miete vittime, che contagia senza guardare in faccia a nessuno. Ci narrano anche della generosità e del grande coraggio di tante persone.

Sentiamo un disperato bisogno di segni che ci rassicurino. Li andiamo a cercare ovunque, ci basterebbe poco, anche un leggerissimo miglioramento nella curva dei contagi e delle morti per vivere attimi di speranza. I bambini ci hanno aiutato un po’ coi loro striscioni appesi ai balconi: “tutto andrà bene”.

Noi che siamo cristiani crediamo che il Signore ci guidi a scoprire questi segni di sicura speranza. Non mi sono ancora stancato di dire, e continuo a crederlo sempre più fermamente, che il Signore è con noi, che non ci sta punendo e che non ci ha abbandonato. Mi rendo conto che è bello da dire, ma così difficile da credere.

In questi giorni un amico mi ha girato un invito ad una iniziativa di preghiera promossa da un gruppo di persone dalla fede come dire, senza giudizio, “rivendicativa”. L’intenzione di queste preghiere è “smuovere la misericordia di Dio”, attraverso la potente preghiera di Maria a cui “Dio non può negare ciò che ella gli chiede”.

Lunedì mi ha chiamato il confratello con cui ho condiviso un lungo periodo in missione. Fu un periodo tribolato a causa degli scontri post-elettorali e delle continue guerre tribali. Mi ricordava una cosa di cui non mi ero ancora accorto. Mi diceva: “Marco, siamo stati fortunati, ci hanno insegnato a vivere con fede le vicende tragiche della vita. Ci hanno fatto capire che nel buio si può stare, senza disperarsi, perché la luce arriverà, non sai come, non sai quando, ma la luce arriverà”.

E veniamo a Gesù. Un giorno, a chi gli chiedeva un segno, disse che avremmo avuto solo “il segno di Giona”, cioè lui crocifisso e sepolto. Così, apparendo a Tommaso, che aveva espresso dubbi seri sulla sua resurrezione, disse: “metti il dito nelle mie piaghe, e non essere più incredulo, ma credente”. Questi dunque i segni a cui fare riferimento: Gesù crocifisso, le sue piaghe ed il Risorto. C’è di più, il Vangelo sembra dirci che finché non saremo stati capaci di mettere il dito nelle piaghe del Signore risorto non ci sarà possibile credere veramente e risorgere. Mettere il dito nelle piaghe del Signore vuol dire, ad esempio, accettare la fatica della vita sapendo che Lui “fa fatica” con noi, significa vivere con fiducia nonostante i mille interrogativi che non trovano ancora risposta, vuol dire condividere il dolore dell’altro e farsi carico del suo problema, vuol dire sapere che alla fine di tutto c’è Lui, che la nostra vita è nelle sue mani, significa entrare con Gesù nel buio del sepolcro e dell’abisso della morte con la certezza che il Padre ci risusciterà, che la sua misericordia non va smossa, ma è sempre operante, che la nostra consolazione viene da Lui e non dalle cose degli uomini.

Martedì, sono andato al santuario della Madonna del Portone, ho indossato i paramenti e a nome di tutti ho chiesto nuovamente al Signore, per intercessione della Vergine, che ci liberi da questa epidemia. Ho pregato per i morti, per i malati, per chiedere forza per chi è in “prima linea”, per chiedere pace nei cuori di tutti. Ho chiesto al Padre sempre misericordioso di scuotere i nostri cuori e di riempirli della sua misericordia; a Lui che tutto ascolta e tutto accoglie ho chiesto di aprire le nostre orecchie e i nostri cuori alla sua Parola e ai segni della sua presenza.

Come sempre allora, confidiamo nel Signore e… restiamo a casa!

Vi benedico con crescente affetto

+ Marco