I valori fondanti della convivenza sociale

Il vescovo nel discorso alla città per la festa di San Secondo

“La festa del santo patrono non si può ridurre ad una celebrazione, sia pure bella e suggestiva.
È piuttosto la proposta di un modello per chi desidera mantenere viva la fede cristiana in un territorio che vive momenti di cambiamento profondo.
La figura di San Secondo martire ci ricorda che la vita cristiana non può essere esente dal martirio, quantomeno il martirio di chi vive una fede e un messaggio molto distante dal comune modo di pensare.
Questo martirio è descritto in termini molto realistici dalle parole di Gesù, proclamate nel Vangelo di questa celebrazione: io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Consapevoli di questa collocazione nel mondo, come cristiani siamo chiamati a non lasciarci rubare la speranza.
Il cammino di speranza che la nostra diocesi ha sempre cercato di compiere, quest’anno viene orientato dal sinodo dei Vescovi su “i giovani, la fede e il discernimento vocazionale”: vivere la speranza significa per la comunità cristiana attivare una grande attenzione nei confronti dei giovani: i giovani sono la speranza: per le loro famiglie, per la società, per la Chiesa e per il mondo.
Aiutarli a realizzare sé stessi è certamente il modo più concreto per contribuire alla realizzazione di un mondo rinnovato.
Di fronte a questo impegno ci sentiamo molto poveri e forse anche impotenti.
Non disponiamo di strutture che possano garantire sicurezze umane.
Non abbiamo strumenti di comunicazione capaci di penetrare la loro cultura e motivare scelte di vita capaci di ovviare al male e all’egoismo che inquinano le relazioni sociali.
Vorremmo poter assicurare loro la possibilità di un lavoro sicuro e continuativo che permetta di progettare una tranquilla vita di famiglia e la gioia di trasmettere la vita, ma ci dibattiamo in una crisi economica e sociale di cui non intravvediamo ancora la fine.
La nostra fede ci offre tuttavia la certezza che Cristo è la nostra speranza.
Come Pietro, impotente a dare a un uomo paralitico gli aiuti materiali che sperava di ricevere, siamo costretti a dire: non possiedo né oro né argento.
Ma ci rimane la possibilità di aggiungere: tuttavia quello che ho lo metto a tua disposizione. Nel nome di Gesù Cristo, alzati e cammina.
Gesù Cristo è la speranza del mondo, è vivo e cammina con noi, facendosi carico dei nostri dubbi e delle nostre tristezze, permette al nostro cuore di ardere, dona il pane del cammino e lo condivide con noi.
A volte ci lascia intendere di voler proseguire il suo cammino lasciandoci soli, ma è sufficiente chiedergli: Rimani con noi, perché si fa buio per comprendere che Egli è con noi, fino alla fine dei tempi.
Giovanni, il discepolo che Gesù amava, insieme al suo amico Andrea, aveva intuito che quel Maestro avrebbe donato le risposte giuste alle domande della sua esistenza e lo aveva seguito, limitandosi a chiedere: Maestro, dove abiti?
La nostra comunità cristiana ha il dovere di indicare Gesù ai giovani come l’Agnello o che guida gli uomini nella grande tribolazione o sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. O se i giovani sapranno scoprire dove abita, ne saranno segnati per tutta l’esistenza e, con la stessa certezza dei due discepoli, potranno dire a loro volta: Abbiamo trovato il Messia.
Il rimorso più grande, di cui ci dobbiamo fare carico, consiste nel dover ammettere che ai giovani abbiamo dato tutto, tranne la certezza che solo in Gesù il mondo può essere salvato.
La nostra speranza si fa concreta quando ci impegniamo a trasmettere ai giovani la fede nel Signore Gesù Cristo: come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni.
Non sarà improbabile che siamo ritenuti impostori. Eppure siamo veritieri: afflitti ma sempre lieti; poveri ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto.
Se sapremo trasmettere questa certezza alle nuove generazioni, avremo donato un grande contributo alla Chiesa, alle persone che affrontano la vita e certamente anche allo sviluppo dell’umanità che cammina nella storia”.

+Monsignor Francesco Ravinale